Acculturiamoci un po’: Secondo molte interpretazioni la parola ‘carnevale’ deriverebbe dal latino carnem levare (“eliminare la carne”), poiché indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di carnevale (Martedì Grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima, ma è solo una delle tante ipotesi. Infatti Il carnevale, anche se non come lo conosciamo oggi, ha riscontri in tradizioni e popoli vissuti molto prima di Cristo. E’ una ricorrenza che si festeggia nel “mondo occidentale” i più famosi infatti sono in America ed in Europa.
Uno dei carnevali più famosi in Italia, e anche a livello internazionale, è quello di Ivrea. Non sono un eporediese (così si chiamano gli abitanti di Ivrea) sono nato e cresciuto in una vallata ad una ventina di chilometri, ma per forza di cose, Ivrea è stata per molto tempo il centro del mio mondo. Ad Ivrea ho passato la maggior parte della mia adolescenza, dalle scuole medie, fino alle superiori. E come tutti i ragazzi eporediesi, quando era ora di carnevale, ci si preparava per andare, a tirare le Arance.. Adesso, il carnevale di Ivrea è storico, ha molte storie e leggende che lo raccontano e lo contraddistinguono, ma io mi vorrei soffermare solamente, sulla Battaglia delle Arance.
Il Carnevale di Ivrea risale al Medioevo, è l’unico, almeno in Italia che abbia mantenuto questo tipo di legame.
(da Wikipedia) “Le origini di questa tradizione sono incerte, ma risalgono verosimilmente al XIX secolo, quando presero ad essere praticate delle scherzose schermaglie tra le carrozze e la gente sui balconi, a ridosso delle principali vie storiche di Ivrea, forse in scherno alla ridicola elemosina di fagioli che avanzavano durante le grasse fagiolate dei ricchi durante il Medioevo; inizialmente infatti, si usava tirare soltanto fagioli dai balconi, e la conformazione topografica del centro storico si prestava (e si presta tuttora) molto bene a questo tipo di “comunicazione” tra case e vie sottostanti. Si narra poi, del lancio di frutta o di ortaggi dai balconi anche da parte di fanciulle corteggianti o corteggiate dagli stessi viandanti di sotto; venivano anche usati lupini, confetti, coriandoli o fiori. Non è ben chiaro il passaggio con il tiro delle arance, ma probabilmente era considerato un frutto “esotico” da corteggiamento, proveniente dalla lontana Nizza. La tradizione prese corpo per simboleggiare soprattutto il colore passionale del sangue versato dalle storiche rivoluzioni del passato, e dalle guerre che segnarono la città, in uno stile del tutto risorgimentale. Agli inizi del XX secolo, già si usava lanciare soltanto arance. Ma fu solo nell’immediato secondo dopoguerra che si formarono ufficialmente le prime squadre a piedi di aranceri, e si allestirono i cosiddetti primi carri da getto. L’iniziativa, dapprima sorta casualmente al di fuori delle classiche celebrazioni, fu subito riportata al contesto storico-leggendario del carnevale, stabilendo che i carri dovessero rappresentare i ben armati manipoli di sgherri agli ordini del tiranno, e che le squadre a piedi dovessero essere intese come bande popolane in rivolta. La battaglia diventò così anch’essa il simbolo delle lotte del popolo contro la nobiltà.”
Per quanto riguarda noi ragazzi di allora, fu sempre e solo una gran Festa, con un po’ di magone per i tempi passati, era una ricorrenza che si aspettava tutto l’anno, si parlava di carnevale, si viveva di carnevale. La sana rivalità fra squadre, chi tirava in una, chi nell’altra… Si aspettava tutto l’anno quel profumo di arance, l’odore dei cavalli, di vin brulè, magari un occhio nero, senza farsi troppo male, ma buono per vantarsi soprattutto con le ragazze…ed il suono dei campanellini del primo carro da getto che entrava in piazza.
Buon Carnevale a tutti!